Piombino, Restauro del Palazzo Nuovo come Museo Archeologico
Committente: Parchi Val di Cornia spa, Comune di Piombino (Livorno)
Oggetto dell’incarico: Restauro del Palazzo Nuovo con la realizzazione del Museo archeologico e del territorio di Populonia Baratti
Stato attuale della procedura: preliminare, definitivo, esecutivo, appalto a base d’asta lire
2.410.000.000 assegnato nel luglio 1999, documentato in: Museo Cittadella, lavori in appalto in Il Tirreno, 18 Luglio 1999, inaugurato nel luglio 2001.
Progettisti: Pier Luigi Cervellati, Giovanni Maffei Cardellini, Alberto Montemagni, Daniele Pecchioli, Alfredo Macerini, Città Futura Scarl Lucca.
Il Palazzo Nuovo fu realizzato su progetto dell’architetto Gabbrielli del 1806, che previde la ristrutturazione e l’ampliamento di un edificio preesistente destinato a scuderie del palazzo dei principi Appiani, quello demolito. L’architetto fu poi sostituito nella direzione dei lavori, che terminarono nel 1808 quando furono disegnate le piante, conservate all’Archivio di Stato di Firenze (A.S.Fi, Principato di Piombino 511, fascicolo 12/1), utilizzate per assegnare le stanze ai diversi dignitari di corte, sotto riprodotte.
Il piano terreno fu adibito a cucine, credenze, dispense, lavatoi, forni e locali vari di servizio compresi gli alloggi dei militari di guardia. I due piani superiori erano riservati ad ospiti, alla corte, a funzionari di rango superiore e a quelli di palazzo, all’ufficiale della Guardia. Nelle piante del 1808 sono segnate a penna le varie personalità e le stanze loro assegnate. Disposizioni che venivano impartite nelle diverse occasioni nelle quali i principi erano a Piombino. L’edificio ha un unico scalone, ripristinato nell’intervento di restauro, collocato nella parte vicina all’arrivo del viale di accesso e al palazzo dei principi. Per questo il palazzo fu organizzato con una soluzione tipologica piuttosto insolita che risponde di più ai modelli utilizzati per edifici religiosi/monastici o per edifici pubblici che si cominciano a realizzare alla fine del settecento. Si articola infatti lungo una specie di passeggiata interna e centrale: “si farà al primo e al secondo piano un corridoio di tutta la sua lunghezza perfettamente illuminato da più aperture in ciascuna delle estremità di maniera che l’accesso alli appartamenti sia piacevole e facile” si scriveva nei documenti d’epoca. I due piani superiori hanno la stessa suddivisione planimetrica e si compongono ognuno di 19 stanze con un ambiente aperto d’angolo nel quale, come una piazza, si incrocia il corridoio. Diventato una caserma ai primi del novecento, viene bombardato durante la seconda guerra mondiale e parzialmente distrutto, come ci ricorda la fotografia sotto, dove il Palazzo Nuovo è senza il tetto, mentre non è stato ancora abbattuto il palazzo Appiani che si era invece salvato.
Negli anni 50 inizia la sua ricostruzione e l’edificio viene destinato a scuola superiore, con la contemporanea demolizione del palazzo Appiani e la costruzione al suo posto della banale villetta, residenza del direttore dell’ILVA, e l’aggiunta della scuola prefabbricata sul lato verso il centro della città, ora demolita. Nella parte a nord, lungo i bastioni della Cittadella quattrocentesca, discretamente conservati, fu realizzata negli anni 60 la torre merlata costruita in cemento. La riconversione a scuola implicò interventi nella struttura distributiva, con le scale poste in posizione baricentrica, e la suddivisione in spazi, da destinare ad aule, di dimensioni maggiori rispetto a quelle previste per le camere della corte del Principato. La struttura distributiva originaria venne mantenuta al piano primo, nell’ala sud-est, dove le destinazioni ad uffici scolastici rendevano compatibili le dimensioni delle stanze con il corridoio centrale. Furono ricostruiti tutti i solai e le coperture. Nella tavola successiva si evidenziano i vari interventi nel tempo.
L’intervento ha recuperato i caratteri tipologici e architettonici dell’edificio. Dall’analisi sviluppata con il confronto fra i disegni originari e il rilievo recente e le visite dirette sull’immobile, sono discesi i criteri e la tecnica progettuale dell’intervento. La tavola sotto riprodotta sintetizza il metodo, evidenziando in rosso le parti dell’edificio che sono riconducibili all’assetto dato con gli interventi del 1808; le parti in giallo sono quelle aggiunte con le ristrutturazioni degli anni ‘50, mentre quelle a tratteggio sono gli elementi scomparsi. Su questa base, in relazione alle nuove funzioni, è stato possibile individuare le parti demolibili, in quanto estranee all’impianto storico e quelle al contrario da ripristinare, in quanto significative nel recupero dell’edificio. Al primo e al secondo piano riemerge l’originaria impostazione tipologica con il percorso centrale. Il piano terra corrisponde alle parti più antiche, con le spesse murature che discendono dal sistema difensivo.
Il progetto di restauro dell’edificio come museo archeologico è stato condizionato anche dall'idea del recupero dell’intera Cittadella (www.pianiregolatori.it/progetti-di-architettura-e-restauri-di-architettura/item/piano-di-recupero-della-cittadella-di-piombino). Nel settembre del 1998 mentre il progetto era in discussione in Soprintendenza, Pier Luigi Cervellati scriveva:
“Il restauro di un edificio che è diventato il simulacro di un'altra costruzione che a sua volta, quando venne realizzata, aveva inserito una parte di un fabbricato più vecchio, richiede un adeguato approfondimento metodologico. La scuola che negli anni ‘50 sostituisce il cosiddetto Palazzo Nuovo, costruito nei primi anni del 1800, è un "moderno" edificio con struttura in cemento armato che ripropone la sagoma volumetrica dell'edificio preesistente, con l'aggiunta di una torre. La torre pur scapitozzata, era ancora inglobata nelle fondamenta e nello scantinato di Palazzo Nuovo. Quindi negli anni '50 la nuova torre rappresentò l'unico elemento che potesse distinguere il fabbricato della scuola dalle coeve quanto anonime costruzioni. In sintesi: di storico l'ex scuola in cemento armato degli anni '50, ha solo le stanze voltate del piano terra. Tuttavia, quest’edificio ancorato a una parte dei bastioni, è volumetricamente omologo a Palazzo Nuovo. La torre non è neppure simile a quella precedente, però non solo è testimonianza della storicità del luogo, ma è anche "memoria" della cittadella. Alcuni storici hanno ricostruito (graficamente) la situazione cinque-seicentesca, mettendo in evidenza il carattere fortilizio della Cittadella, struttura difensiva per gli attacchi dal mare e ugualmente zona isolata dalla città in posizione altimetrica dominante. La planimetria della ricostruzione storica sottolinea altresì il profondo cambiamento urbanistico determinato proprio con la costruzione di Palazzo Nuovo. Cittadella, al pari di tutte le cittadelle, con le sue mura e i suoi probabili fossati, era (e doveva essere) una zona separata: "altra", rispetto alla città. Non è da escludere che l'attuale viale di accesso alla piazza ricalchi un precedente passaggio/accesso, che avveniva forse attraverso un ponte levatoio. L'accesso, proprio per conferire alla fortezza il suo ruolo di luogo isolato, tutto bastionato, non doveva essere molto visibile. Non doveva costituire uno spiccato "segno" urbano. Si confronti la ricostruzione storica con il primo progetto dell'architetto Gabbrielli, incaricato nei primi dell'800 di redigere un progetto di sistemazione complessiva della Cittadella. Gabbrielli disegnò un unico grande palazzo, a forma di U, con il fronte principale verso Sud e con al centro una grande corte, (vedi tavola sotto). Si osservi questo progetto e lo si confronti con le mappe di Palazzo Nuovo, disegnate nel 1808 a lavori ultimati, ma non dal Gabbrielli che venne esonerato anche dalla direzione lavori (vedi le due piante sopra). Palazzo Nuovo è esattamente come nel progetto generale, ma il corpo di fabbrica, posto a sudovest, che doveva unirlo al palazzo reale non fu mai realizzato.
Si guardi adesso il primo catasto ottocentesco. La corte interna è diventata una piazza collegata con un viale alla città. In pratica Gabbrielli non solo venne esonerato dalla direzione dei lavori, ma il suo progetto di sistemazione complessiva fu abbandonato. Non sappiamo come andarono esattamente le vicende, ma constatiamo che l'assetto urbano (ancor più dell'architettura) è risultato completamente diverso.
Gabbrielli sottolineava il carattere "chiuso", da Cittadella. Il grande edificio a forma di U contornava la piazza/cortile. Ad essa si accedeva solo mediante un androne su cui convergevano i due scaloni, quello per palazzo reale (mai costruito) e quello (realizzato) per Palazzo Nuovo. Non realizzando il corpo di collegamento fra i due palazzi, la corte diventa invece una piazza che si apre alla città. Palazzo Nuovo assume quindi in questo contesto un ruolo che si può definire "politico". Esso rapportandosi al palazzo dei principi lo avvicina alla città, tant'è che lo scalone è posto nella parte stretta, tangente il viale di accesso. Palazzo nuovo, dunque, dismette il ruolo di bastione che il primo progetto Gabbrielli aveva continuato a conferire a questo luogo. La Cittadella diventa una piazza e il Palazzo Nuovo assume il significato di "porta", di interno/esterno, di elemento che connette la città con il palazzo dei principi. La famigerata demolizione del palazzo reale ha alterato il senso urbanistico di questa piazza che si apre verso la città. Invece l'ingresso della scuola nella piazza ha contribuito a rendere meno comprensibile il significato dell'intervento ottocentesco realizzato capovolgendo il progetto di Gabbrielli. Riguardiamo la pianta del 1808. Lo scalone di Palazzo Nuovo costituisce il perno fra la città e la piazza "sfondata" in cui il palazzo reale è posto lateralmente. Il ripristino di questo scalone diventa determinante. Esso, si deve insistere, testimonia una vicenda urbanistica tesa a trasformare la Cittadella in una piazza aperta. L'ipotesi progettuale per il recupero dell'ex scuola prevede il ripristino dell'originaria tipologia edilizia e costruttiva di Palazzo Nuovo. Una tipologia che si rende funzionale al nuovo utilizzo museale se e in quanto si predispone un altro, nuovo accesso. Un nuovo accesso che non può essere sulla piazza. Certo, sulla piazza ci saranno vari ingressi, ma è necessario che la forma della piazza non subisca ulteriori devastazioni. L'ingresso principale al museo nel recuperato e ripristinato Palazzo Nuovo è stato ipotizzato nello spazio di risulta dalla demolizione di un prefabbricato di amianto e lamiera. L'obiettivo è quello di ripristinare se non il disegno, almeno il significato urbanistico degli interventi ottocenteschi alterati con il prefabbricato, la nuova scuola e con l'abbattimento di palazzo reale. Questa zona che precede la piazza, posta a un livello inferiore (circa due metri e mezzo) è sembrata la parte più idonea e funzionale per accedere ai bastioni e al museo. La zona in cui collocare una "torre" di smistamento e collegamento. L'ipotesi è quella di realizzare una torre "trasparente": una struttura in legno lamellare, identica alle impalcature ottocentesche, che si affianca alla falsa torre in cemento armato. Una struttura effimera, sempre e comunque reversibile, smontabile, che assume l'aspetto di una presenza "precaria", che non richiede un giudizio estetico. Essa è solo funzionale al museo e, a un tempo, recupera l'ultimo disegno urbanistico, dando così avvio a un processo di restituzione del centro storico (o meglio di una sua parte) oggi marginale, tutt'altro che frequentata, per non dire degradata. Lo spiazzo che si viene a determinare con l'abbattimento del pericoloso, inquinante prefabbricato necessita di un ridisegno, funzionale anch'esso al museo e parimenti allusivo delle metamorfosi urbanistiche di Piombino. Se non si costruisse un corpo autonomo, non si riuscirebbe ad accedere ai bastioni.Se non si costruisse un’impalcatura che potrebbe configurarsi quale sinopia della torre medievale, resterebbe in primo piano la torre cementizia che oggi non possiamo abbattere come appena ieri abbiamo buttato via il palazzo reale. Il paragone non sembri azzardato. Le due costruzioni esteticamente, storicamente e architettonicamente non sono di certo comparabili, ma una rappresentava e l'altra rappresenta ancora la stessa matrice ideologica. Entrambe significavano e significano la storia e la cultura materiale e spirituale di una città. Il palazzo dei principi riscattava una caserma e offriva una nuova piazza alla città. Costruire una torre negli anni '50 fu impresa certamente bizzarra ma anche e soprattutto rappresentativa di un amore verso la città e la sua storia. La torre cementizia non può essere abbattuta e neppure la si può mantenere, vista da vicino, così com'è. L'ipotesi progettuale è di mantenerla, rendendola funzionale all'intervento di recupero di palazzo nuovo e delle due piazze che il palazzo stesso determina. La soluzione ipotizzata sembra corrispondere alle istanze del restauro inteso come restituzione della storia urbana e quale recupero funzionale di una parte della città in cui le ville privatizzano un luogo che con la costruzione di Palazzo Nuovo si intendeva riassegnare alla città. Cittadella in questo modo continuerà a essere isolata e contestualmente unita alla città. L'intervento di recupero di Palazzo Nuovo dev'essere inteso quale premessa sia per il restauro della piazza che per il ridisegno dello spazio antistante. La presenza poi di un museo, luogo di riferimento di un territorio molto vasto rappresentato dal sistema dei Parchi della Val di Cornia, richiede anche figurativamente e spazialmente alcuni richiami "territoriali". Bisogna pensare alla torre vista anche da uno dei percorsi previsti dal sistema dei Parchi: il mare. L'impalcatura lignea non spaventi. Forse vista dal mare corrisponde a qualche immagine di "vedutista portolano". Per ora è solo un'ipotesi. Dovrà essere verificata con gli ulteriori accertamenti in corso. Essendo reversibile non pregiudica nessun criterio o metodologia di restauro. Non intacca (e non dovrà intaccare) nessuna delle parti storiche. E, rapportandosi alle impalcature lignee ottocentesche, prese a modello anche nei vecchi altiforni del ferro, lascia inalterato, per altimetria e volume, il paesaggio urbano e territoriale di Piombino”.
Di seguito i disegni della prima ipotesi con la torre lignea affiancata a quella di cemento che realizzava l’accesso dalla piazza sottostante, direttamente dal parcheggio. Questo progetto, presentato in Consiglio comunale fu approvato dal Comune. Dopo l’approvazione fu comunque portato nella Commissione Cultura comunale. Composta da personalità del mondo accademico pisano e delle istituzioni culturali fiorentine (Carlo Sisi, Antonio Natali, non ancora direttore degli Uffizi) dopo una breve presentazione, l’ipotesi della torre fu demolita, compresa telefonata in diretta di Natali (È Amelio....lo conferma... sono di Leonardo.... )(Leonardo a Piombino e l’idea della città moderna tra Quattro e Cinquecento, a cura di Amelio Fara, Firenze 1999). L’eco della commissione arrivò in Soprintendenza la quale semplicemente bloccò il progetto, senza esprimersi, fino a quando non fu eliminata l’idea di questo accesso, sostituita ora da una grande scritta, evidentemente ritenuta necessaria per avvertire della presenza del museo. Perso è -quindi- il significato urbanistico del recupero della Cittadella.