Sovicille, Piano strutturale

Committente: Comune di SOVICILLE (Siena)
Oggetto dell’incarico: Redazione del Piano strutturale
Data dell’incarico: 23.3.2005
Stato attuale della procedura urbanistica: Il Piano strutturale è stato adottato il 20 febbraio 2008 e approvato il 2 dicembre 2011

Progettisti: Giovanni Maffei Cardellini, Alberto Montemagni, Daniele Pecchioli

Mauro Orlandini, Ufficio di piano e Garante dell’informazione; Massimo Marrocchesi, Geologia; Leonardo Lombardi, (NEMO srl) Valutazione e relazione di incidenza; Monica Coletta, Studi agronomici.

Sindaco: Alessandro Masi

Con il Quadro conoscitivo si approfondisce la conoscenza della struttura storica, non come un richiamo culturale, ma come un vero e proprio strumento di pianificazione, fondamentale in quanto gli obiettivi primari dello sviluppo sostenibile risiedono nel mantenimento e nella valorizzazione della identità culturale del territorio. Se importante è valorizzare l’ambiente e il paesaggio della pianura e della collina, è allora necessario conoscerne le leggi interne (quindi la natura e la storia) e le regole in esso contenute, per rielaborarle in modo consapevole. In qualche modo significa realizzare creativamente un progetto che è anche implicito nel territorio stesso. Il progetto in questo caso non può essere inteso come un tradizionale intervento di modificazione, ma è un progetto della manutenzione che punta a creare risorse e può essere trasformatorio quando è volto all’obiettivo del restauro e del ripristino o della rigenerazione. È anche un programma di governo, una prassi ordinaria di organizzazione e gestione del territorio. Il progetto diventa in parte descrizione e interpretazione creativa dello stato attuale che deve essere rappresentato nel modo più analiticamente chiaro e sintetico. La cartografia storica è quindi utilizzata non solo per conoscere, ma anche per progettare in modo più oggettivo e quindi scientifico. Gli oggetti  delle carte (le case, i fiumi, gli alberi, le strade ...) sono perfettamente misurabili nella loro posizione e confrontabili nelle cartografie d’epoche successive su cui stendiamo i progetti. Attraverso il confronto fra l’assetto storico, ricostruito minuziosamente e lo stato attuale, è possibile organizzare le adeguate azioni progettuali e di governo, sulla base di ciò che, in modo oggettivo, è rimasto invariato e quello che è mutato. Argini, viabilità poderale, sistema idraulico e canali storici, alberature, sistemazioni agrarie tradizionali e struttura poderale di pianura e di collina, edifici di interesse architettonico e tipologico, zone umide, boschi, elementi significativi del territorio sono stati individuati anche cartograficamente e valorizzati nel quadro di questo progetto organico. Molti di questi elementi si trasformano così da strumenti di organizzazione storica del territorio in monumenti del paesaggio e guide per la conservazione e lo sviluppo, assi del recupero territoriale. Si parte dal Catasto leopoldino, digitalizzato e georeferenziato (vedi sotto), per arrivare all’IGM di primo impianto (fine ottocento) e all’Atlante delle permanenze e delle trasformazioni, costruito con il confronto fra cartografie storiche e stato attuale.

 

È un territorio di notevole estensione (150 Kmq), sembra un continente anche nella forma, e di grande qualità ambientale e paesaggistica. Su di esso si è conformato un sistema insediativo articolato, storico e recente, policentrico, una città di città e di borghi con funzioni distinte secondo il proprio ambiente di riferimento. La strategia di progetto tiene insieme tutte le componenti e si lega ad un metodo di progetto, fondato su natura e storia, che riporta l’attenzione sul controllo della trasformazione d’uso dei suoli. Il territorio non è dunque tutto trasformabile, neanche con mitigazioni, concertazioni o mediazioni di tipo ambientalista. Vi sono valori storici, culturali, naturali, paesaggistici, che rappresentano l’identità profonda della comunità che devono essere rispettati e non possono essere contrattati. Per questo una scelta strategica è stata quella di individuare unità territoriali organiche elementari solo per quegli specifici ambiti soggetti a trasformazioni più consistenti e a carattere urbano. Questo non vuole dire che al di fuori delle UTOE non si può fare nulla, ma si distingue chiaramente il territorio a carattere rurale da quello urbano e si cerca così di controllare la crescita della città diffusa. Il Piano, seguendo le definizioni di legge, è stato organizzato in due parti distinte: Statuto del territorio e Strategia dello sviluppo. Le invarianti strutturali sono le protagoniste dello Statuto del territorio e sono elementi geografici, aree, linee, categorie di beni, valori puntuali propri della scala comunale (vedi sotto). Rappresentano gli elementi cardine dell’identità dei luoghi. Sono descritte in base alle indagini storico-territoriali e ambientali contenute nel quadro conoscitivo e nella relazione di accompagnamento. Nelle norme tecniche d’attuazione sono indicati gli obiettivi di governo e gli indirizzi di valorizzazione e di tutela dei singoli elementi. 

 

Uno dei contributi più originali del Piano strutturale è quello di avere riportato l’attenzione verso la pianura. Riconosciuti (anche con atti amministrativi e sistema dei vincoli) erano i valori paesaggistici della Montagnola e della Val di Merse, ma minore attenzione era per altri ambienti, soprattutto di pianura. Abbiamo chiamato l’albero della vita, il complesso dei canali che raccoglie le acque dei rilievi. Rappresenta un sistema paesaggistico molto caratteristico e di grande pregio, espressione di una lunga attività umana di colonizzazione e di interventi che hanno nel tempo difeso la pianura dall’instabilità idraulica. Questi corsi d’acqua hanno dunque un particolare valore ambientale e paesaggistico con un ruolo decisivo nella pianificazione, definendosi come riferimento degli ambienti che attraversano. Rappresentano guide per la riqualificazione degli insediamenti e per i progetti di trasformazione, hanno importanti funzioni ecologiche di tutela della biodiversità anche attraverso la loro natura di corridoi ecologici, di tutela della qualità delle acque e di difesa idrogeologica. Importante è il sistema dei mulini medievali della Val di Merse, dove si erano concentrate numerose attività produttive che sfruttavano la ricchezza d’acqua e oggi rappresentano un notevole interesse storico-culturale che si coniuga con quello più propriamente naturalistico del Merse e del suo alveo fluviale, dove vi sono paleoalvei e aree un tempo umide, potenzialmente ripristinabili. Nella pianura si è individuata una trama significativa di segni storici: redole, fossetti, prode, viabilità campestre, canali, filari alberati, siepi frangivento, muretti a secco, alberi da frutta, viti, olivi, piccoli boschetti. Producono una tessitura agraria più tradizionale con la quale si preservano le forme paesaggistiche tipiche e gli elementi di valore naturalistico ma anche si esercita una difesa del suolo e la tutela idrogeologica. Tutti i segni storici citati sono guide fondamentali per gli interventi di conservazione o di trasformazione e, in tutte queste situazioni, l’importanza del presidio paesaggistico e ambientale prevale sugli aspetti agricolo-produttivi. Nella Montagnola i rilievi calcarei sono prevalentemente boscati con leccete, querceti e con castagneti nelle aree meno impervie, dove si trovano poderi, nuclei o aggregati. Con essi si integrano aree coltivate secondo un tipico disegno e una trama costituita dall’alternarsi di filari di olivi e di viti con seminativi arborati, prati e pascoli, anche con le tipiche coltivazioni a campi chiusi da muri di pietra, formando nel complesso un importante quadro paesaggistico. I rilievi della Val di Merse, più aspri e selvaggi, oltre che dai boschi di lecci sono interessati da estesi rimboschimenti di conifere, con funzioni anche di difesa idrogeologica, e sono caratterizzati da sistemazioni agrarie di collina, oliveti terrazzati, vigneti, di particolare pregio paesaggistico. 

Una delle caratteristiche è la ricchezza di insediamenti storici, molti realizzati già in epoca medievale. Il confronto cartografico ha evidenziato che la crescita ha prodotto un sistema insediativo recente, distinto  da quello storico, concentrato soprattutto sul confine con Siena. In molti casi quindi il medioevo si trova a confrontarsi direttamente con la contemporaneità (vedi tavole sotto). I complessi di interesse storico architettonico e culturale sono stati classificati rispettando il Piano territoriale provinciale. I centri storici del sistema urbano sono i borghi antichi di Sovicille, Rosia e i complessi di interesse storico-architettonico che si qualificano come elementi generatori di San Rocco a Pilli. Rappresentano ambiti nei quali si mantengono valori tipologici e morfologici tali da costituire una testimonianza storica, culturale, specifica ed originaria. Gli aggregati sono complessi di valore storico, insediamenti dalla forma compiuta e riconoscibile, con edilizia di qualità tipologica, in alcuni casi storico-architettonica, con un ruolo paesaggistico per la localizzazione dominante e aperta ai punti di vista esterni. Si promuovono gli interventi che comportano il restauro, il recupero e la valorizzazione dei complessi edilizi nel rispetto dei caratteri tipologici e architettonici, con una specifica attenzione al contesto edificato e agli spazi aperti circostanti, al loro uso, agli elementi architettonici qualificanti, ai materiali, ai manufatti e alle tecnologie tipiche. I Beni storico-architettonici (le chiese, le pievi, le rocche, le torri, i castelli, le ville con i giardini e parchi),  sono elementi che hanno uno specifico valore storico-architettonico e svolgono un ruolo di riferimento e d’organizzazione territoriale. Le case coloniche di tipologia tradizionale e gli edifici speciali per la produzione e lavorazione dei prodotti agricoli rappresentano un patrimonio collettivo di valori civili e culturali, oltre che economico, che completano la memoria storica racchiudendo una sorta di codice genetico della comunità.

Con il piano strutturale non s’indicano specifiche zone edificabili, ma si stabiliscono le quantità massime ammesse per gli interventi previsti di recupero, rigenerazione urbana o trasformazione dei suoli. Questi interventi sono collocati all’interno di un perimetro, che anticipa il Perimetro dell’urbanizzato della L.R. 65/2014, chiamato nel piano limite urbano/limite dell’UTOE, che delimita le principali aree già urbanizzate. All’esterno delle UTOE sono dimensionati modesti completamenti che possono essere necessari nell’ambito dei borghi sparsi, tenendo conto di reali problematiche socio-economiche e culturali, espresse di norma dalle Consulte locali, o di specifici progetti di valorizzazione turistico-ambientale convenzionati con l’amministrazione pubblica. Sono inoltre dimensionati gli interventi di recupero di manufatti esistenti, collegati alla funzione agricola o ad attività connesse. Il concetto di limite urbano quindi si collega direttamente all’individuazione del dimensionamento e delle UTOE. Lo stretto legame serve per determinare un più chiaro controllo delle trasformazioni collegando un dato astratto di tipo dimensionale ad un determinato spazio fisico, sia pure stabilito con una certa genericità rispetto alla puntuale individuazione dei lotti d’intervento, che sarà poi il compito del Regolamento urbanistico. In questo modo è possibile garantirsi, identificato un ambito, che gli interventi programmati non andranno in contrasto con elementi dello statuto del territorio. Gli interventi interni all’UTOE saranno poi oggetto di controlli per verificare il buon inserimento e che non si  producano peggioramenti al tessuto edificato. I controlli sono sia di tipo urbanistico (verifica degli standard, dei parametri, della qualità progettuale), che di tipo ambientale con le valutazioni degli eventuali effetti negativi e l’attuazione delle azioni opportune per superarli. L’individuazione del limite urbano ha anche la funzione di restituire un’identità all’assetto urbano e di fornire un riferimento chiaro per distinguere la città dalla campagna cercando di limitare la dispersione insediativa. Inoltre chiarisce l’idea che il territorio non è tutto trasformabile. In alcuni casi può essere opportuno che il limite urbano, individuato sulla base delle letture storico-cartografiche, sia realizzato da percorsi alberati, formando “mura verdi” che ridisegnino i confini degli insediamenti. Un altro concetto importante da rilevare è quello che le aree comprese all’interno del limite urbano non sono necessariamente tutte edificabili. Significa, invece, che possono essere impegnate per la costruzione del complessivo impianto urbano fatto di spazi pubblici, parcheggi, aree a verde e sportive, orti, giardini, piazze, parti costruite per la residenza, per attività commerciali e attrezzature, servizi, attività produttive, ricettive, di ristoro e per lo svago. Di seguito le tavole di studio delle aree urbane (UTOE).

PIANO STRUTTURALE QUADRO GENERALE DELLE PREVISIONI

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